"Walk on the frozen lake"
(strange encounters)
“Guardi laggiù in lontananza, mi sembra di vedere una donna che cammina” proseguì l’uomo che assomigliava a un orso.
“Sì, sì, la vedo anch'io. Non siamo dunque completamente soli in questo paradiso terrestre…
“E se fosse solo un miraggio? Se in montagna si riproducessero fenomeni analoghi a quelli del deserto? Ma siamo sicuri che sia una donna?”
La donna come una visione bluastra appariva e spariva dietro i pini. Aveva capelli neri e si riversavano su una lunga cappa scura che le copriva le spalle. Si capiva che era una donna anche dal modo di camminare. Avrebbe potuto essere una ballerina. Ogni conversazione cessò, ormai non avevano altra curiosità che scoprire quella donna.
I due avevano accelerato il passo come se corressero, ma non correvano. Lo scopo era di raggiungerla, ma più camminavano in fretta, più la donna sembrava lontana. Si guardarono da complici come per dirsi: “E se fosse davvero un miraggio?”
Il poeta che assomigliava a un orso, dopo un po’ si mise a ridere…
“Sembriamo ammattiti…
… poi aggiunse: “Se non camminiamo più in fretta non la raggiungeremo mai e svanirà nel nulla”
“Allora ci tiene anche lei a non lasciarsi sfuggire una bella donna?”
“Ma chi le ha detto che si tratti di una bella donna?”
“Perché dovrebbe essere brutta? Io sono un poeta e amo le donne, vivo tra le donne, scrivo di donne. Il nostro miraggio non potrebbe essere altro che una visione poetica e, se così fosse, sarebbe già di per sé leggiadro. Se è poi una donna in carne e ossa, speriamo sia la nostra musa, colei che ci ispira nel nostro lavoro. Io spero ardentemente che questa nostra passeggiata sia una corsa alla ricerca della nostra silenziosa musa delle nevi”
“Lei ha un modo davvero insolito di concepire i rapporti umani! Un modo elementare, schietto. Supponiamo ad esempio di raggiungere la donna con il mantello scuro che stiamo inseguendo. Che tipo di rapporto pensa che si potrà stabilire? Diventerà un’amica, una musa come dice lei, oppure sarà solo un incontro rapido e banale, uno scambio formale di saluti e di sorrisi?”
“Non si preoccupi, non amo insegnare e tanto meno a un professore, posso solo dirle che a mio parere i rapporti umani non vanno pensati ma vissuti. Piuttosto di pensare a un rapporto, lo scolpisca, lo dipinga, lo scriva. Insomma gli dia vita e non lo immagini soltanto. Se lo pensa, quando lo vivrà ne sarà deluso o, eccessivamente entusiasta, si aspetterà cose che non troverà. Se poi vorrà raccontare il suo sogno, lo vorrà razionalizzare o spiegare in chiave poetica o psicologica, lo faccia pure, ma solo dopo averlo vissuto fino in fondo. Lasci che la nostra sirena conduca il gioco, non sia lei a condurlo”
“Capisco che ha ragione, ma non è facile, mi creda. Per me fare o vivere una cosa semplice è più difficile che fare o vivere una cosa complicata. È come demolire tutta un’educazione. La verità è che nessuno ci giudicherà o ci sgriderà per aver inseguito un miraggio di alta montagna”
Nel frattempo la donna bruna si era fermata per fissare il lago. Immobile, incurante del freddo. Non era dunque un miraggio: era una bellissima donna scura di pelle, si confondeva con le ombre sulla neve. Una donna delle montagne del sud, una figura umana che il poeta e il professore avevano guardato fino a quel momento come una piramide nel mezzo del deserto. Quando le furono vicini, si accorsero che aveva gli occhi chiusi e la guardarono in silenzio. Passarono alcuni minuti, poi lei aprì gli occhi e vide i due uomini di fronte a sé fermi, come due bambini timidi che aspettano l’imbeccata.
Aveva dei bellissimi occhi azzurri, incredibilmente pallidi e trasparenti. Disse: “Voi mi stavate guardando a mia insaputa, ma io vi perdono, ho sempre perdonato gli uomini delle montagne”…
tratto da: "Boulevard de Sébastopol e altri racconti" di Alain Elkann
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